Storia di Torre a Mare - Centro Studi per il Volontariato Torre Pelosa

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Centro Studi per il Volontariato " Torre Pelosa ", via Pitagora 15 - Torre a Mare - BARI -  CAP 70126  -  e-mail : pugliese.e@libero.it
" Torre Pelosa "
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Origine, sviluppo, estensione e popolazione




Con legge n° 17 dell’ 11 agosto 1934, le zone di territorio dei comuni di Triggiano e Noicattaro, comprese fra il mare, il confine del comune di Bari, la linea ferroviaria Bari-Brindisi e il confine del comune di Mola, furono aggregate  alla città capoluogo, autorizzando il governo del re ad emettere i provvedimenti necessari per la esecuzione.
Ebbe così origine una nuova frazione chiamata Torrepelosa che, con decreto del Ministro per la Grazia e Giustizia in data 27 marzo 1934, fu dotata di un ufficio dello stato civile abilitato a ricevere gli atti di nascita, di morte e di matrimonio della popolazione residente.
Per appagare poi un desiderio vivamente sentito dagli abitanti, un successivo decreto reale del 6 ottobre 1938 mutò il nome di Torrepelosa nell’altro di Torre a Mare.
Se  questo fu, in termini freddamente burocratici, l’atto di nascita della località come organismo amministrativo a sé stante, non si può certo dire che Torrepelosa fosse fino a quel momento del tutto sconosciuta. Si trattava, al contrario, di un posto abbastanza noto sia come rinomata meta di diporto estivo presso il mare, sia come zona legata a ricordi storici antichissimi.
Riferendosi infatti alla presenza della torre costiera dell’ << Apellosa >>  - tuttora esistente e dalla quale si tornerà a parlare in seguito – l’erudito e archeologo barese Emanuele Mola, sovrintendente agli scavi di antichità della terra di Bari, aveva scritto de <<lido Apellosio >> sin dal 1976, opinando che il toponimo derivasse da qualche vetusta dominazione greca. Aveva anche individuato ruderi di età remote ed antri marini lavorati dalla mano dell’uomo, costruendovi all’interno dei sedili per scopi di balneazione. Aveva altresì reso noto che, nelle profonde viscere della terra, si erano trovate molte tombe, piene di vasi preziosamente decorati. Sotto un altissimo mucchio di sassi, detto << Specchia >> un rispettabile magistrato provinciale – del quale non si conosce il nome – ne aveva anzi scoperti in abbondanza e se n’era tratta perciò la convinzione che quello fosse il modo di seppellire gli eroi e i guerrieri illustri, alla maniera dei popoli iapigi.
Approfondendo l’indagine, il Mola riferì pure che, secondo i confinati abitatori di Noicattaro, tale luogo s’era chiamato una volta Cattaro, essendovisi  andati a rifugiare dei profughi provenienti dalla omonima città dalmata, ancora soggetta, nell’epoca in cui scriveva, alle diocesi dell’arcivescovado barese. Nessuno storico o geografo dell’antichità aveva comunque mai  fatto parola di tale circostanza.
Gli antri marini dei quali fece cenno il Mola corrispondono sicuramente alla località chiamata oggi << Grotta della Regina >>, che consiste in due caverne intercomunicanti, nelle quali penetra il mare: si accede alla prima per mezzo di una scaletta intagliata nella roccia e di qui si passa a piedi nella seconda, donde si esce per un'altra scaletta retrostante. Rimane tuttavia ignoto a quale regina il toponimo si riferisca.
In quanto ai ritrovamenti dello stesso Mola menzionati, non v’è dubbio che riguardassero la zona conosciuta con il nome di Scizze o Punta la Penna, dove alcuni decenni addietro l’archeologo Michele Gervasio rinvenne reperti ceramici ascrivibili entro un arco di tempo compreso fra il III° e il IX° secolo avanti Cristo.
Le ricerche sistemiche svolte, fra innumerevoli difficoltà di vario genere, dai docenti ed allievi della cattedra di paleontologia dell’Istituto degli Studi, hanno poi sortito, negli ultimi anni, risultati del massimo interesse, atti a conferire importanza davvero straordinaria all’intera fascia costiera estendentesi dalla Grotta della Regina a Scizze. In una grotta, sono state infatti scoperte tracce di vita d’una piccola comunità fiorita intorno al 2000 avanti Cristo; uno strato superiore dello stesso ambiente reca invece evidenti i segni del Medioevo, ivi compresa una tomba. A breve distanza, sono stati individuati perfino il muro di cinta d’una cittadella e il pavimento d’una abitazione di età ellenistica.
Fra gli antichi ricordi di questo tratto di litorale, non va trascurato quello relativo alla << Turris Juliana >>, rinveniente dal cosiddetto << Itinerarium Burdigalense >>, un documento redatto intorno all’anno 333 dopo Cristo, che descrive il viaggio compiuto da un pellegrino cristiano, durante il regno dell’imperatore Costantino il Grande, nel recarsi da Burdigala ( odierna Bordeaux ) in Palestina e nel fare quindi ritorno seguendo un cammino diverso, attraverso la Puglia, lungo l’itinerario di Otranto, Lecce, Brindisi, Egnazia, Bari, Ruvo, Canosa, ecc…
Il pellegrino toccò fra l’altro, una stazione di sosta presso la << Turris Juliana >>, posta a circa Km. 16,30di distanza da Bari, che sarebbe come dire fra Torre a Mare e Mola, nella località oggi chiamata Padovano.
Di tale manufatto furono scoperti, alcuni decenni fa, diversi avanzi consistenti in un pavimento a mosaico e nella base di un muro perimetrale, con rocchi di colonne incorporati.
Nel rievocare gli sparsi e scarni brandelli di memorie della nostra moderna Torre a Mare, non va neppure dimenticata la piccola cala di San Giorgio,ubicata a circa 4 chilometri dall’abitato, in direzione di Bari.


                                          


Essa era più nota un tempo come la << Marina di Triggiano >>, in quanto appartenente al territorio di quel Comune, ma la rinomanza del piccolo villaggio di pescatori che vi era insediato al posto dell’odierno elegante  centro turistico, va ricercato nel fatto che, l’anno 1087, le tre navi baresi reduci dall’aver involato a Mira le spoglie di San Nicola, fecero sosta in quel luogo, prima di sbarcare a Bari.
Di questo fanno espressa menzione le cronache del monaco Niceforo e dell’arcidiacono Giovanni, entrambi baresi e testimoni oculari dello storico avvenimento: il primo racconta che le imbarcazioni si fermarono a San Giorgio martire, distante quattro miglia da Bari, per fabbricare un reliquario  ( << lipsanum >> ) in cui porre le ossa, togliendole dalla botticella ove le avevano collocate prendendole dal sepolcro; il secondo scrive che approdarono nel porto di San Giorgio, lontano dalle mura della città non più di cinque miglia, ed estrassero le reliquie dal recipiente nel quale le avevano trasportate, per riporle in una cassetta di legno ( << capsella lignea >> ), preparata durante il viaggio.




Al presente, la suggestiva bellezza naturale della cala di San Giorgio è accresciuta dalle  numerose ville disseminate lungo la riviera e da un attrezzato << camping >> meta preferita di turisti di varie nazionalità. La presenza d’una piccola cappella con una statua di San Nicola contribuisce a mantenere vivo il ricordo della traslazione. In occasione anzi dei tradizionali festeggiamenti, che hanno luogo a Bari i primi di maggio, il famoso corteo storico in costume prende l’abbrivo proprio da San Giorgio, ove un immagine del Santo Vescovo di Mira viene collocata su una imbarcazione e portata fino al lungomare Nazario Sauro.
Vale ancora notare, a proposito di San Giorgio, che, ai tempi in cui la sorveglianza della costa contro i pericoli provenienti dal mare veniva esercitata per mezzo dei posti di guardia allogati in torri o baracche, proprio qui c’era uno dei presidi più muniti, il secondo in ordine di importanza dopo quello di Torrepelosa. Tanto rivela un << Notamento delle torri, posti e baracche di cavallari, e sentinelle fisse, ed aggiunte che trovansi nella città di Bari sino a quella di Mola riviste, e situate dal Sig. Colonnello D. Dionisio o Dea Comandante Generale del Cordone dell’Adriatico il dì 21 giugno 1784 >>, nel quale è annotato che il porto di San Giorgio era presidiato da un sergente, da quattro soldati e da tre cavallari.




Assai frammentarie – come si è visto – sono le informazioni possedute intorno alle origini e al passato di Torre a Mare, essendo il luogo privo di una sua specifica identità, in quanto riveniente dall’accorpamento, peraltro recente, di territori sottratti ad altri comuni viciniori, nelle cui vicende erano stati fino allora coinvolti.
Dal 1970, al pari delle atre frazioni di Bari, cominciò a essere considerata come quartiere del capoluogo e questo non ha sicuramente contribuito a consolidarne la individualità, risalente appena al 1934.
Nel determinare la sua qualità di quartiere, il Consiglio comunale stabilì come appresso i suoi confini: a nord, la costa marittima ( dal punto d’incontro con la strada vicinale Lamberti al confine con il comune di Mola di Bari ); ad est, il confine con Mola di Bari ( dal punto d’incontro con la costa marittima a quello con la linea ferroviaria Bari-Brindisi );a sud, la linea ferroviaria Bari-Brindisi ( dal punto d’incontro col confine di Mola di Bari a quello con la strada del Pantano ) e il confine del territorio comunale ( dal punto d’incontro con la strada del Pantano a quello con la strada vicinale Lamberti e suo prolungamento ); ad ovest, la strada vicinale Lamberti ( dal punto d’incontro con la costa marittima a quello col confine comunale ) e la strada del Pantano inclusa ( dal punto d’incontro con la linea ferroviaria Bari-Brindisi a quello con la via Gentile ).
L’estensione di tale territorio è di 532 ettari e la sua popolazione, che nel 1975 era di 1787 abitanti, è risultata di 2648 unità nel censimento del 1981.
Il numero delle persone aumenta però notevolmente durante i mesi della stagione estiva, per l’affluenza considerevole di turisti e villeggianti, che vanno ad abitare le tante ville disseminate nella zona. Ancora più accentuato è il concorso dei forestieri in occasione dei festeggiamenti che si tengono ogni anno, in una delle domeniche di agosto, in onore di San Nicola, con processione a mare fino alla rada di San Giorgio. Lo stesso accade in concomitanza della << Festa del mare >>, che l’attivissima Associazione Pro-Loco organizza di estate, articolandola in manifestazioni folcloristiche, sportive e culturali.




D’inverno il ritmo di vita di Torre a Mare diventa più tranquillo, perché buona parte di professionisti, di impiegati e di studenti si reca a Bari per attendere alle proprie occupazioni e nel paese rimangono soltanto i pescatori e le altre persone che non hanno necessità di allontanarsene per motivi di lavoro.
Nel raggranellare in un quadro sintetico le informazioni di carattere storico sulle origini di Torre a Mare, s’è già fatto cenno pocanzi ad alcune delle maggiori attrattive del luogo ( la cala di San Giorgio, la Grotta della Regina, la zona archeologica di Punta La Penna e Scizze ), alle quali vanno però aggiunte le seguenti altre, esse pure meritevoli di attenzioni.

Piazza Vittorio Veneto

Dopo aver percorso la costa di ponente, lasciandosi alle spalle punta La Penna, l’annessa insenatura di Scizze e la grotta della regina, si perviene alla piazza Vittorio Veneto, ove confluisce anche la via Cristoforo Colombo, proveniente dalla strada nazionale.
Questa piazza rappresenta il centro dell’abitato e, insieme alla veduta del mare e del porticciolo, offre allo sguardo lo scorcio delizioso d’un giardino pubblico, fra le cui aiuole si può ammirare un busto in bronzo dell’illustre archeologo Michele Gervasio ( 1877-1961 ), che fu ispettore degli scavi di Ercolano e Pompei e direttore del Museo Archeologico di Bari. A lui si devono i primi studi sistematici sul passato del territorio di Torre a Mare.

Torre costiera e Villaggio dei pescatori

Dirigendosi verso il lato destro della piazza, si giunge al villaggio dei pescatori, che operano numerosi a Torre a Mare, organizzati in cooperativa.
Il villaggio è dominato dalla mole severa d’una torre costiera, dalla quale derivò il nome della località. La sua costruzione risale al XVI° secolo e figura indicata nei documenti dapprima come    << torre della Pecossa>> e poi sempre come <<torre della Pelosa>>. Ha pianta quadrata e si erige su base tronco piramidale, con tre grandi caditoie praticate su ognuna delle facciate. Trattasi di una delle tante torri di vigilanza utilizzate nell’antichità per avvistare eventuali pericoli provenienti dal mare ed era normalmente presidiata da ben 14 uomini: 1 furiere, 8 soldati, 1 torriere, 4 cavallari.




A titolo di curiosità, si ricorda che, fra il posto di cala San Giorgio -  del quale si è fatta menzione in precedenza – e la torre della Pelosa, c’erano, verso la fine del Settecento, i seguenti altri posti di guardia:


- Baracca di Porticelli a San Giorgio;
- Baracca di Porta Marchese;
- Baracca porticello di Triggiano;
- Baracca di Scizzo;
- Baracca della Penna;
- Baracca di Calafetta.
Mentre è in corso la stesura delle seguenti note, la torre – sul quale grava l’opportuno vincolo di tutela storica e ambientale – è stata restaurata e si trova in attesa di una destinazione adeguata.
Nel sostare al centro della piazza Vittorio Veneto, non si può fare a meno di rievocare il ricordo di un bellissimo monumento che l’occupò fino agli anni della seconda guerra mondiale. Era una statua in bronzo raffigurante un pescatore nell’atto di colpire con la fiocina un gigantesco polipo e costituiva l’orgoglio di Torre a Mare, perché era un po’ il simbolo della sua marineria. Un brutto giorno per ricavarne – dicono – il metallo occorrente per dare cannoni alla patria in armi, venne rimosso e portato via.
Dal vicino ingresso al porto, dove c’è il mercato del pesce, si diparte la riviera di levante di Torre a Mare, che prosegue verso la località di Fontana Nuova, di cala Colombo e di San Andrea, fiancheggiata da ville e da attrezzati stabilimenti balneari.


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